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Il terrorismo non vincerà mai

un semplice esercizio che spero possa essere utile per capire che cosa sia l’estremismo terrorista

L’Osservatore Romano Settimanale (21-03-2019).

Dopo la strage di Christchurch, in Nuova Zelanda, ecco un semplice esercizio che spero possa essere utile per capire che cosa sia l’estremismo terrorista. Prendete il “manifesto” dell’uomo che ha ucciso 50 fedeli nelle due moschee, il 15 marzo scorso. Poi cercate (c’è anche in rete) il manuale del sedicente Stato islamico intitolato La gestione della barbarie; infine sostituite nel testo la parola “islam” con “bianchi”. Sarete veramente sorpresi dal risultato.

Il modus operandi è il medesimo per tutti quelli che, imbottiti d’odio, cercano di motivare i loro miseri gesti: le stragi e gli assassinii. Cambiano le vittime, la loro fede o nazionalità, certo; cambiano le coordinate geografiche e gli emisferi. Ma i carnefici sono sempre quelli: le ideologie assolute e cieche, che nascondono soltanto ignoranza e piccolezza d’animo.

Il terrorista australiano racconta della sua mediocrità a scuola; di non essere mai andato all’università; di quanto poco lo interessasse lo studio, in qualsiasi forma. Ed è grazie a Internet, “ovviamente”, che ha sviluppato le sue convinzioni. È la stessa, identica narrazione proposta dagli jihadisti: anche loro hanno studiato poco e anche loro, acriticamente, traggono dalla rete tutte le proprie assolute certezze.

I militanti jihadisti dissotterrano dalla polvere della storia un risentimento esagerato per eventi vecchi di secoli; eventi anche tragici, certo, ma che oggi abbiamo ormai rielaborato e anche superato. Il terrorista che ha ucciso 50 esseri umani nelle due moschee di Christchurch fa lo stesso: si riferisce a personaggi storici che hanno combattuto contro gli ottomani.

Un altro punto in comune è il desiderio di vendetta. Non si tratta di una vendetta personale ma, come nel caso del terrorista australiano, di una vendetta contro tutto ciò che gli europei hanno sofferto nei secoli a causa degli invasori stranieri, fino agli attacchi jihadisti di oggi. La gestione della barbarie — il manuale che ho già citato — comincia con un’analisi del mondo arabo che parte dall’accordo Sykes-Picot del 1916, riguardante le rispettive sfere di influenza di Francia e Gran Bretagna nel Medio oriente in seguito alla sconfitta dell’Impero ottomano nella prima guerra mondiale. Ecco: il jihadismo del sedicente Stato islamico, puntuale, presenta tutte le sue azioni come una vendetta contro chi ha messo fine al califfato, quello ottomano.

Sul piano strategico il suprematista bianco punta, tra altre cose, ad alimentare il conflitto tra le due posizioni ideologiche che negli Stati Uniti si contrappongono circa la questione delle armi da fuoco: spera così di contribuire a fomentare una guerra per dividere le due “razze”. Per i jihadisti: la violenza intra-musulmana permetterebbe di polarizzare le differenze tra jihadisti e musulmani moderati, con l’effetto auspicato di radicalizzare alcuni di questi ultimi, trasformandoli in soldati della jihad.

Il “manifesto” del terrorista australiano mostra poi una potente, patologica fascinazione per il mito della forza: «La forza è potere. La storia è la storia del potere. La violenza è potere e la violenza è la realtà della storia», vi si legge. Per gli jihadisti: «l’occidente capisce solo il linguaggio del potere e
della violenza».

Le somiglianze non si limitano ai loro deliranti testi: ve ne sono anche nelle reazioni che certi atti efferati producono. Per gran parte della stampa araba l’Occidente non ha denunciato con sufficiente chiarezza e determinazione l’atto terroristico neozelandese. «Due pesi e due misure»: così si
esprimono tanti musulmani nei social network, riferendosi alle scelte dei media occidentali. Per molti “esperti” arabi l’atto terroristico fa parte di un complotto cristiano che mira a distruggere il mondo islamico. Un accademico egiziano non ha esitato a scrivere nel sito di Al-Jazeera che
l’attentato ha dimostrato quanto l’Occidente consideri i musulmani persone di seconda categoria e che la guerra vera non è motivata da questioni geopolitiche o economiche: al contrario, sarebbe lo svolgimento del conflitto tra le due religioni più importanti nel mondo: il cristianesimo e l’islam.

A tutto questo estremismo disperante la risposta viene da Farid Ahmad, che nell’attentato di Christchurch ha perso la moglie. Pur colpito dalla violenza e dal lutto, è stato capace di indirizzare al terrorista assassino parole di pace: «Gli direi che lo amo come persona, gli direi che ha un grande potenziale per essere una persona buona, generosa, capace di salvare le persone piuttosto che distruggerle».

Avete capito perché i terroristi e i loro infantili manifesti d’odio non vinceranno mai?

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