Connect with us

Articoli

Un Assad sunnita o il padre illuminato di una nuova Siria? Che cosa possiamo aspettarci da Al Sharaa

La vera incognita è se il suo cambiamento sia sincero o se sia solo l’ennesima maschera di un gioco politico più grande

Zouhir Louassini Rainews 24 (03-02-2025)

A Damasco, lontano dalle telecamere ufficiali, un incontro ha catturato l’attenzione della Siria e della comunità internazionale. Ahmed Al Shaara, il nuovo presidente siriano, ha presentato sua moglie, Latifa Al Shaara, a un gruppo di donne della diaspora siriana negli Stati Uniti. Un gesto apparentemente semplice, ma carico di implicazioni politiche e simboliche.

Al Shaara ha colto l’occasione per smentire le voci secondo cui avrebbe più mogli, dichiarando con tono scherzoso: “Non c’è nessun’altra, tutto ciò che sentite sui social media sono solo voci”. Le presenti hanno descritto Latifa Al Shaara come una donna elegante, istruita e discreta, dal portamento raffinato e dallo stile tradizionale ma sobrio. Ma oltre le apparenze, questo episodio suggerisce un nuovo corso per la Siria, una nazione che, dopo anni di conflitto, si trova ora a un bivio sotto la guida di un leader con un passato complesso e un futuro ancora tutto da scrivere.

Ahmed Al Shaara, già noto con il nome di Abu Mohammed Al Jolani, è stato a lungo una figura controversa sulla scena siriana. Fondatore di Jabhat al-Nusra, l’ex filiale siriana di Al Qaeda, ha saputo trasformare il proprio ruolo, passando da capo jihadista a leader politico riconosciuto. Con il tempo, ha smussato le posizioni più radicali, distanziandosi dall’estremismo e ricollocandosi in una dimensione più pragmatica. La sua organizzazione, Hayat Tahrir al-Sham (HTS), ha evoluto la propria natura da gruppo militante a entità amministrativa che governa Idlib, imponendo leggi, gestendo infrastrutture e stabilendo relazioni strategiche con la Turchia e il Qatar. Ora, con il sostegno ufficiale di Ankara, Doha e Riyadh, ha consolidato il suo potere e ha ottenuto quella legittimità politica che per anni sembrava irraggiungibile.

Il sostegno di questi attori regionali è un elemento cruciale per comprendere il futuro di Al Shaara. La Turchia lo considera una figura chiave per stabilizzare il nord della Siria e contenere l’influenza curda, mentre il Qatar e l’Arabia Saudita vedono in lui un’opportunità per ridisegnare gli equilibri di potere nella regione, sfidando l’influenza iraniana e la presenza russa. La sua leadership rappresenta quindi una svolta non solo per la Siria, ma per l’intero Medio Oriente. Tuttavia, la sua accettazione sulla scena internazionale rimane un punto interrogativo. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea continuano a guardarlo con diffidenza.

Ma il vero cambiamento che Al Shaara porta in Siria è reale o solo un’operazione di facciata? Se da un lato la sua immagine pubblica si è ripulita rispetto al passato, dall’altro la sua ascesa è ancora legata a logiche di potere regionali e a un contesto in cui il pragmatismo si mescola a calcoli strategici. La presentazione della first lady e la costruzione di un’immagine presidenziale moderna potrebbero non essere altro che strumenti per ottenere la fiducia dell’Occidente, dimostrare di essere un interlocutore affidabile e spingere per una rimozione graduale delle sanzioni. Il suo tentativo di mostrarsi come un leader “responsabile”, aperto al dialogo e distante dal jihadismo del passato potrebbe convincere alcuni, ma non cancella il fatto che il suo potere si fondi ancora su una rete di alleanze militari e sull’uso della forza per mantenere il controllo nelle aree sotto il suo dominio.

Il futuro di Al Shaara potrebbe seguire diverse direzioni. Se riuscirà a consolidare il proprio governo e ottenere riconoscimenti diplomatici più ampi, potrebbe emergere come il leader di una Siria post-Assad, offrendo un’alternativa a decenni di dominio alawita e di repressione. Se invece le pressioni esterne e le rivalità interne dovessero indebolirlo, potrebbe ritrovarsi a gestire un potere fragile, limitato alle aree sotto il suo diretto controllo e sempre esposto al rischio di destabilizzazione.

La presentazione pubblica di Latifa Al Shaara non è solo un episodio di cronaca, ma un tassello di una strategia più ampia. Costruire un’immagine presidenziale, legittimare il proprio ruolo e distanziarsi dal passato jihadista sono passi fondamentali per garantire la stabilità del suo governo e ottenere il riconoscimento internazionale. Ma la domanda rimane aperta: sarà un nuovo “Assad sunnita”, in grado di governare con fermezza una Siria frammentata, o riuscirà a tracciare una via alternativa, modellando un nuovo equilibrio politico per il Paese? La vera incognita è se il suo cambiamento sia sincero o se sia solo l’ennesima maschera di un gioco politico più grande. Il suo destino dipenderà dalla capacità di navigare tra le ambizioni regionali e le sfide interne, in uno scenario dove nulla è ancora definitivamente scritto.

Articoli

Tangeri, 1890. Intrigo, potere e resistenza: La strategia del pesce nano, il primo romanzo di Zouhir Louassini

Una storia avvincente ispirata a fatti reali che riporta alla luce una pagina dimenticata della storia marocchina, tra spionaggio, tensioni internazionali e dignità ferita.

È disponibile su Amazon La strategia del pesce nano, il primo romanzo dello scrittore e giornalista marocchino Zouhir Louassini. Ambientato nella Tangeri del 1890, il libro trascina il lettore in un’indagine che va oltre il mistero iniziale – l’assassinio di un cittadino italiano – per esplorare gli intricati rapporti di forza tra il Marocco e le grandi potenze coloniali.

Tangeri, all’epoca, era una città di frontiera e d’intrigo, abitata da consoli stranieri, spie, mercanti e diplomatici che operavano sotto la protezione di un sistema consolare arrogante e impunito. Louassini costruisce, con eleganza narrativa e rigore storico, un giallo politico che illumina i meccanismi opachi dell’epoca, le tensioni diplomatiche e le strategie sottili adottate da chi – pur privo di potere militare – cercava di sopravvivere e difendere la propria sovranità.

Il titolo del romanzo, La strategia del pesce nano, diventa emblema di questa resistenza silenziosa: quella di chi, pur piccolo e fragile, riesce a muoversi con astuzia nel mare agitato degli imperi coloniali.

Con uno stile limpido e cinematografico, il romanzo restituisce una Tangeri affascinante e contraddittoria, sospesa tra tradizione e modernità, tra dominio straniero e orgoglio marocchino. Louassini non si limita a raccontare un fatto di cronaca: invita il lettore a riflettere sul presente, sulle relazioni di forza internazionali, e sulla sottile linea tra giustizia e impunità.

 

 

 

 

 

Continue Reading

Articoli

La strategia del pesce nano

Un romanzo sulle trame del potere e la resistenza dei piccoli

Ci sono storie che nascono da una lunga osservazione del mondo. E ci sono romanzi che provano a raccontare ciò che spesso sfugge alle cronache: i fili invisibili che legano interessi, debolezze umane e meccanismi di potere. La strategia del pesce nano è nato così.

Per anni ho lavorato come giornalista, attraversando con lo sguardo le grandi crisi del nostro tempo: conflitti, scontri culturali, migrazioni. Ma ciò che più mi ha colpito è stato il modo in cui, dietro i titoli dei giornali, si muovono uomini e donne che cercano, spesso in silenzio, di difendere la propria dignità in un mondo che li schiaccia.

Questo romanzo è il tentativo di dare voce a quei destini. Ambientato in un tempo e in uno spazio segnati da forti tensioni politiche — il Marocco di fine Ottocento, al crocevia fra imperi e culture — il libro intreccia le storie di personaggi che si muovono sul fragile confine tra il potere e la resistenza.

Il titolo richiama una metafora semplice ma potente: la strategia del pesce nano è quella di chi non può contare sulla forza bruta, ma sulla capacità di muoversi con intelligenza tra le correnti. È la strategia degli ultimi, degli invisibili, di chi impara a sopravvivere in un mare dominato dai grandi predatori.

Nel corso della narrazione incontrerete figure ispirate a documenti storici e personaggi immaginari, ma credibili. Giornalisti, diplomatici, interpreti, donne dimenticate dalle cronache ufficiali — ognuno con la sua voce, ognuno con il suo pezzo di verità.

La strategia del pesce nano non è solo un romanzo storico. È anche una riflessione sull’oggi: sul modo in cui il potere continua a riprodurre i suoi meccanismi, e su come, ancora oggi, i “pesci nani” del nostro mondo cercano spazi di libertà e di resistenza.

Tra pochi giorni, il 3 luglio, il romanzo sarà finalmente pubblicato. Per me è un momento speciale: un progetto a cui ho dedicato tempo, studio, passione. Spero che chi vorrà leggerlo possa compiere, attraverso le sue pagine, un viaggio nel passato che parla molto anche al nostro presente.

Vi aspetto.

Zouhir Louassini

Continue Reading

Articoli

Afghanistan, i Talebani ora vietano anche il gioco degli scacchi: può stimolare il pensiero critico

In un angolo del mondo dove la libertà si decreta e si cancella a colpi di proclami, i Talebani hanno compiuto l’ennesima mossa all’indietro: vietare gli scacchi. Sì, proprio quel gioco millenario, nato in Asia e perfezionato nei secoli come esercizio di strategia, disciplina e meditazione. È ufficiale: anche la torre, l’alfiere e il cavallo sono diventati nemici dello Stato islamico afghano. Il Re è sotto scacco, e non ci sarà scacco matto — perché il gioco stesso è ora haram.

Secondo il Ministero per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio (un nome che pare uscito da un romanzo Orwelliano ), gli scacchi condurrebbero al peccato, confonderebbero le menti e — orrore! — potrebbero perfino stimolare il pensiero critico. Ed è proprio questo il vero crimine, diciamolo chiaramente. In un paese dove il sapere è visto come un’insidia, ogni forma di riflessione autonoma è una minaccia. Perché mai imparare a pensare tre mosse avanti, quando il presente è già stato deciso per te?

Il paradosso è quasi poetico. Gli scacchi sono un gioco in cui il Re è il pezzo più importante, ma anche il più vulnerabile. Lo si protegge con figure più potenti, ma alla fine — se l’avversario gioca bene — cade. Troppo pericolosa, questa metafora. Meglio cancellarla dal tavolo, letteralmente.

E pensare che per una volta i Talebani erano riusciti a far parlare dell’Afghanistan senza autobombe, senza esecuzioni, senza minacce. Solo grazie a un gioco da tavolo. Ma niente: troppo razionale, troppo libero, e forse — paradossalmente — troppo radicato nella storia della regione. Già, perché gli scacchi non sono un’invenzione occidentale: affondano le loro origini proprio tra India e Persia. Ma poco importa. Quando il pensiero è pericoloso, anche la memoria diventa sospetta.

Ironia della sorte, vietare gli scacchi è un autogol strategico. Se davvero temevano che la gente stesse imparando a pensare come un grande maestro, ora l’hanno motivata ancora di più. Perché la libertà, come il gioco, vive di intuizione, pazienza e coraggio. E spesso nasce proprio da una mossa imprevista.

Nel frattempo, il mondo osserva. C’è chi scrolla le spalle, chi sorride amaro. Ma c’è anche chi, tra un pedone avanzato e una regina minacciata, ricorda che usare la testa non è solo un gioco. È un atto di libertà. Anche — e soprattutto — sulla scacchiera.

Continue Reading

Marocco, Islam